lundi 20 août 2018

Il 14 Agosto 2018 non é solo crollato un ponte, si sono rivelate le crepe che minano un Paese

Lo confesso, dal momento del crollo del ponte Morandi, il 14 Agosto , non riesco più a seguire la timeline di Twitter senza avere un moto di disgusto .

Troppi ed  inutili commenti accesamente partigiani su: responsabilità del crollo, reponsabilità delle manutenzione, responsabilità concedente (Anas) , responsabilità concessionario (Autostrade per l'Italia, controllata al 100% da Atlantia, detenuta al 30,25% da Edizione Holding, gruppo Benetton), le tifoserie del PD,Lega e 5Stelle che si rinfacciano a vicenda i lavori della gronda non eseguiti, i contratti capestro con Autostrade per l'Italia ed anche i selfies ai funerali di stato.


Fermo restando che le responsabilità del crollo le stabilirà la magistratura (si spera senza attendere le calende greche o di incappare nella prescrizione) tre elementi appaiono  di preoccupante evidenza nel dramma del ponte Morandi:

1) Lo Stato (ANAS) nell'ambito della convenzione che lo lega alla concessionaria Autostrade per l'Italia, non ha proceduto a verificare che la manutenzione che spettava a codesta fosse realmente eseguita, altrimenti il crollo, (che non é stato un evento fortuito) non si sarebbe prodotto.

2) Lo stato (ANAS) ha svenduto la gestione di una grossa fetta della sua rete autostradale ad Atlantia, la quale macina  profitti da record coi pedaggi più cari d'Europa, pagando oneri di concessione molto bassi.
"Nel 2017, il gruppo Autostrade per l'Italia ha ottenuto ricavi per 3.94 miliardi di euro, di cui 3.59 miliardi dai pedaggi autostradali. Ebitda di 2.45 miliardi di euro, 1.91 miliardi di Ebit, 1.04 miliardi di utile. Ha versato ad Anas 465.05 milioni di euro di oneri concessori. Il valore dell'infrastruttura che ha ricevuto in concessione è stimato in 12.22 miliardi di euro." (fonte Wikipedia)

3) Nel caso in cui l'ANAS, come preannunciato dal premier Conte, volesse rescindere la convenzione che la lega contrattualmente ad Autostrade per l'Italia, é previsto, nel contratto capestro che l'Anas ha firmato (nella persona del suo allora presidente Pietro Ciucci),che anche in caso di inadempienza di Autostrade per l'italia, l'ANAS debba corrispondere tutti i ricavi  fino alla fine della concessione (2042). Si tratta quindi di una penale monstre, dai 15 ai 20 miliardi di euro!

Una simile clausola fa a pugni con qualsiasi principio giuridico di buona gestione della cosa pubblica nell'interesse della collettività ...ed é da chiedersi con quali "modalità" una società privata sia riucita ad imporre una tale norma ad una controparte statale, la quale dovrebbe essere contrattualmente molto più potente ed avere i meccanismi e controlli preventivi per evitare contratti in odore di corruzione.

Insomma, come in tutta la "Commedia dell'arte" , alla fine é sempre Pantalone che paga e tutto il Paese che piange i suoi poveri morti.

Bisognerà pero' ricordare che queste 43 vittime non lo sono a causa della fatalità , ma di una tragedia che ha al suo centro interessi economici miliardari per una singola società di diritto privato ed uno Stato con una classe politica ed un'amministrazione pubblica imbelli e prone a chi riesce ad accaparrarsene i favori.


La corruzione che incacrenisce l'Italia alle radici comporta costi economici , sociali ed umani non più sopportabili.


samedi 30 juin 2018

Il Consiglio europeo sui migranti, il catenaccio dei populisti e l'isolamento dell'Italia

L'amara realtà dietro le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 28 giugno sui migranti, é che in questa Europa sono ormai i governi xenofobi e populisti che dettano la linea.

Infatti, anche governi progressisti o moderati come Spagna, Portogallo e Francia, per paura di vedere progredire i populisti di casa propria, che (nonostante il calo dell'onda migratoria dal 2015) hanno fatto della lotta ai migranti il proprio vessillo politico, si sono piegati al diktat dei paesi di Visegrad  (Polonia, Republica Ceca , Repubblica Slovacca ed Ungheria)  e del nuovo cancelliere austriaco, Kurz.
La stessa Merkel, che si era resa protagonista in passato nell'aprire le frontiere ai profughi siriani,  ha dovuto fare marcia indietro, dovendo assolutamente portare a casa (nei confronti dell'alleato CSU) un giro di vite sui migranti economici e sui movimenti secondari all'interno dell'Unione.

Le conclusioni del Consiglio Europeo del 28 giugno sulle migrazioni hanno una chiara dimensione esterna, con l'apposizione di catenacci  alle frontiere esterne dell'Unione, delegando il lavoro sporco della chiusura delle rotte via mare o attraverso le vie terrestri a regimi che sicuramente non rispettano i diritti umani (come Libia e Turchia), nonché attraverso la creazione di "piattaforme regionali di sbarco" in cui si delega a paesi terzi (dandosi la buona coscienza di associarvi la cooperazione dell' Alto commissariato ai rifugiati e l'Organismo Internazionale per i migranti)  il compito di fare una selezione tra i migranti economici  rifugiati.
Inoltre, al fine di diminuire il fenomeno migratorio, é previsto un finanziamento ed un partenariato crescente con l'Africa.
Riguardo al Mediterraneo centrale vi é un wishful thinking dell'UE a "tenersi a fianco dell'Italia "(ma senza il sostegno finanziario accordato alla Spagna nel Mediterraneo occidentale!), con un sostegno alla (tristemente famosa) Guardia costiera libica, anche attraverso un imperioso  richiamo alle ONG a non ostacolare le operazioni di quest'ultima.
La sensazione é che queste decisioni porteranno a più morti nel Mediterraneo o sulle vie dei Balcani, ma i capi di Stato e di governo non sembrano preoccuparsene...



Invece quando si passa alle misure da applicare in  seno all'UE, il testo passa al condizionale, con la possibile presa in carico , su base di sforzi condivisi, delle persone soccorse, comunque riuscite a raggiungere l'UE, verso "centri di controllo" per la selezione tra migranti e rifugiati , stabiliti su base volontaria, ma sotto la responsabilità dell'UE (e quindi probabilmente tolti alla giurisdizione degli Stati Membri).
Viene sottolineato che a questo titolo le misure di rilocalizzazione e di reinstallazione avverranno su base volontaria, quindi tramite accordi tra Stati Membri (a differenza del principio di obbligatorietà proposto nel 2015 dalla Commissione sull'agenda europea della migrazione http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-15-5597_it.htm ) lasciando impregiudicato il principio di Dublino (tanto contestato dalle autorità italiane, ma da queste approvato nel corso dei governi che si sono succeduti dall'Andreotti VI) secondo il quale il Paese di prima accoglienza é responsabile per l'accoglienza e la registrazione dei migranti.

Riguardo alla modifica del Regolamento di Dublino, il Consiglio europeo stabilisce, contrariamente al principio giuridico del Regolamento, che questo dovrà essere modificato all'unanimità (il che vuol dire mai, visto le divergenze  riguardo tra gli Stati membri)



In conclusione, Conte sbandiera ai quattro venti la fake news che "l'Italia non é più sola " sulla questione dei migranti, mentre invece da un punto di vista fattuale vi é una notevole marcia indietro su ricollocazione e reinstallazione dei migranti, non più su base di quote obbligatorie, ma su una pura base volontaria (intese bilaterali tra Stati Membri, alle quali sembrerebbe che l'Italia non voglia aderire), lasciando inoltre intatto il principio del famigerato Regolamento di Dublino con l'Italia sempre in prima linea come responsabile per l'accoglienza e l'identificazione dei migranti e sempre più sotto scacco da parte degli altri partners se dà via libera ai movimenti secondari dei richiedenti di asilo.

Alla luce di tutto ciò' sarebbe stato più opportuno, sia da un punto di vista umanitario per migranti e rifugiati, che politicamente nell'interesse dell'Italia, che Conte avesse mantenuto la iniziale sbandierata minaccia del veto alle conclusioni del Consiglio Europeo.

 Nel suo caso hanno probabilmente giocato contro la scarsa conoscenza di un dossier complesso quale quello delle migrazioni e la sua inesperienza nei consessi internazionali.


jeudi 8 mars 2018

Cosa significa il crescente astensionismo alle elezioni?

Dal 1976 la partecipazione alle elezioni politiche italiane é in costante calo fino a scendere sotto il 79,3% alle ultime elezioni del 2018 https://it.wikipedia.org/wiki/Astensionismo_in_Italia#Repubblica_Italiana.

L'astensione alle elezioni é la traduzione concreta della sfiducia dei cittadini nella politica.




La casta politica italiana appare sempre più isolata nei propri privilegi e distaccata dalle proccupazioni del cittadino comune, che vorrebbe sfuggire alla disoccupazione, specie a quella giovanile, invece di dover essere costretto a cambiare Paese.

Fino all'imperversare della globalizzazione, l'aspettativa di migliorare la propria condizione economica da una generazione all'altra era un dato normale.

Adesso i cittadini italiani non vanno più a votare perché probabilmente sentono che la politica, piuttosto occupata a conservare i propri privilegi, non sarà comunque di aiuto per contrastare la globalizzazione e migliorare la situazione economica della popolazione.

Inoltre le tematiche portate avanti nella campagna elettorale, salvo quella del reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle,  non hanno  riflesso  le preoccupazioni economiche dell'elettorato, mentre quelle relative a immigrazione e  sicurezza sono state riprese dai principali schieramenti e quindi il cittadino si sarà trovato poco motivato a recarsi alle urne, non vedendo la differenza tra una proposta elettorale e l'altra.

Non ultimo probabile motivo di astensione alle attuali elezioni politiche é l'attuale ed assurdo sistema elettorale, che si sapeva in anticipo non avrebbe permesso di trovare una governabilità per il Paese e di qui la sfiducia dei cittadini che si sentono frustrati ed incapaci di influire col loro voto sul destino del Paese.

Appare più che urgente che la politica italiana si dia una scossa dal proprio interno, si interroghi e dia risposte ai segnali di sfiducia che le provengono costantemente ed in modo crescente dai cittadini, se non vogliano che presto alle elezioni politiche non sia più che metà dell'elettorato che decida delle sorti di un Paese.