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dimanche 12 décembre 2021

Una spintarella alla (carente ) valorizzazione degli splendidi siti italiani

 A chi non é mai capitato di vedere, in una di quelle riviste patinate, pubblicità di multinazionali del lusso , le quali scelgono di utilizzare come sfondo templi antichi o locations italiane, senza pero' degnarsi di dare alcuna comunicazione sul luogo in questione?






Quando invece le stesse multinazionali del lusso danno spazio a famos(*) modell(*) , quest(*) ottengono che il loro nome sia menzionato nella pagina della pubblicità, come qui sotto Beatrice Borromeo.



Una modesta proposta a costo zero per le finanze italiane ed ad elevato valore aggiunto per il nostro turismo:

perché il ministro del turismo e della cultura, che presiede ormai da decenni questa carica,  con una base giuridica adeguata (legge italiana), non stabilisce che, qualora in una pubblicità in cui figurino siti o location di città italiane, le ditte che finanziano questa pubblicità , siano obbligate a menzionare, sulla stessa pagina pubblicitaria, la location fotografata?

Nell'era del marketing globale e dei social media, questo potrebbe essere un ottimo contributo per promuovere le varie  locations italiane, che meritano molto di più in termini di valorizzazione turistica.

mardi 10 décembre 2013

Beni culturali italiani: perle per i porci!

Oggi il Ministro dei beni culturali e del Turismo , Massimo Bray, ha twittato la "grande notizia" che uno dei due bronzi di Riace é infine in piedi, dopo un secondo restauro protrattosi, senza spiegazioni plausibili,  per quasi quattro anni e con costi triplicati da 11 a 33 milioni di euro!

Anche l'UNESCO ha bacchettato l'Italia per questi ritardi ingiustificati riguardo a questi capolavori ellenistici, ritrovati nei bassi fondali di Riace nell'ormai lontano 1972, che il mondo ci invidia, ma che, a quanto pare, l'Italia é incapace di promuovere e valorizzare adeguatamente.

Dopo il ritrovamento ed il primo restauro, i Bronzi furono esposti in varie mostre in giro per l'Italia, suscitando grande affluenza e lunghe file di entusiasti visitatori.
Ma una volta sopito il clamore della scoperta e collocati i Bronzi nella angusta sala sotterranea del Museo archeologico della Magna Grecia a Reggio Calabria, l'oblio é ricaduto su questi splendidi capolavori;


Prima di questo secondo restauro, iniziato nel 2009, c'é da dire che la città di Reggio Calabria non ha fatto quasi niente per segnalare la presenza dei Bronzi con una cartellonistica ed indicazioni adeguate, tant'é che, prima dell'avvento del GPS, anche chi conosceva la lingua di Dante doveva destreggiarsi chiedendo ai passanti le indicazioni per trovare il museo.
Nessuna meraviglia quindi che il Museo fosse ai tempi semivuoto...

 Il "restauro lumaca", ma con prezzi da rapina, dei Bronzi di Riace, si aggiunge ai tanti altri segnali dell'abbandono del patrimonio artistico italiano, ad iniziare dallo starordinario sito di Pompei, preservato per secoli quasi intatto sotto  i lapilli ed ora oggetto di incuria, degrado e crolli.


L'italia racchiude, secondo i dati UNESCO più dela META' del patrimonio artistico e culturale MONDIALE, ed a questo titolo,  qualora tale patrimonio fosse sufficientemente valorizzato e promosso,
dovrebbe essere la PRIMA destinazione turistica al mondo!

Invece , secondo i dati (2012) dell'Organizzazione Mondiale del turismo l'italia é soltanto quinta per numero di visitatori con 46,4 milioni (+0,5%) preceduta da Francia 83 milioni, USA con 67,3 milioni (+6,8%), Cina e Spagna, entrambe con 57,7 milioni; mentre dal punto di vista degli afflussi valutari é solo sesta con 41,2 MLD di US dollari, dopo USA (126,2), Spagna (55,9), Francia (53,6), Cina (50) e Macao, che della Cina  fa parte (43,7).

Gli incassi di musei e siti archeologici italiani nel 2012, con 110 milioni di euro , sono del 25% inferiori a  quanto incassa da solo il Louvre ed il fatturato complessivo dei servizi aggiuntivi è stato la metà di quanto incassato dal solo  Metropolitan di New York!
Insomma, i musei ed i siti archeologici italiani non riescono nemmeno a coprire una parte significante dei costi delle loro strutture e degli stipendi dei dipendenti.




Di fronte a questi dati, più che desolanti, appare improrogabile un ripensamento delle politiche relative alla valorizzazione ed alla fruizione del patrimonio culturale italiano, nonché all'adeguamento dell'offerta di tale patrimonio, soprattutto nel Mezzogiorno, alle esigenze del pubblico, affinché queste risorse non vengano  privatizzate e  possano contribuire in modo significativo, stabile  e crescente al PIL  ed all'occupazione nazionale.